Sabato, 14 Novembre 2009 18:52

Il dio dei mafiosi

Scritto da  Gerardo

Dal blog di Augusto Cavadi, ci viene segnalata l’intervista che questi ha rilasciato alla giornalista Verinica Berrecil e nella quale si ragiona sul "religioso" dei mafiosi.





AUGUSTO CAVADI: “LA MAFIA NON CREDE IN DIO PADRE, MA IN DIO PADRINO”
di Veronica Berrecil (Roma)

“Beati i perseguitati perché di loro sarà il regno dei Cieli”. Questa è la insolita necrologia con cui i familiari del capo mafioso Francesco Messina Denaro omaggiarono il defunto nel 2003 e che dà l’idea di come la Mafia trasforma la devozione in ‘cosa nostra’, del suo perverso sentimento religioso, studiato dal pubblicista e filosofo italiano Augusto Cavadi nel suo libro “Il Dio dei mafiosi”.

Cavadi spiega come i mafiosi hanno distorto la percezione del Dio cattolico adattandolo alle sue necessità. Dall’inizio, riti come la cerimonia di iniziazione che fece conoscere il mafioso ‘pentito’ Leonardo Messina: “Mi diedero una stampa con la immagine della Vergine dell’Annunciazione, la macchiarono con il mio sangue e la bruciarono, mentre io la passavo da una mano all’altra. Poi mi dissero che dovevo ripetere: “‘Come carta ti brucio, come santa ti adoro, come brucia questa carta deve bruciare la mia carne se un giorno tradirò Cosa Nostra’”.
I mafiosi si considerano cattolici, vanno regolarmente a Messa. Non assassinano di venerdì, però il resto della settimana si concedono carta bianca. Così ce lo spiega Cavadi:

Nei muri delle strade siciliane apparve la scritta: “Dio è grande. Ma lo zio Totò non scherza”. Chi è allora il Dio dei mafiosi?
Da Senofane a Feuerbach, la filosofia ci avverte che, quando pensiamo Dio, tendiamo a proiettargli le nostre caratteristiche umane. Questa tendenza ad attribuire a Dio le nostre qualità - specie quelle che riteniamo più rilevanti - è una costante. Ecco perché non c’è nulla di strano che i mafiosi si rappresentino un Dio ‘padrino’ piuttosto che ‘padre’.

Nel libro definisce Dio come un mafioso. Non é esagerato?
Non sostengo che Dio è mafioso (anzi spiego che Dio è del tutto incompatibile con la mentalità mafiosa). È il peculiare ‘Dio’ a cui si rivolgono i mafiosi venerano che è un Mafioso all’ennesima potenza.

Molti mafiosi pregano prima di perpetrare i loro delitti, come Filippo Marchese, e la maggioranza sono devoti di alcuni santi, come il Padre Pio. Che tipo di devozione è questa?
I mafiosi pensano che ci siano comandamenti essenziali, principali, e comandamenti secondari. Quelli irrinunciabili sono in genere i precetti rituali della Chiesa cattolica. Quelli trascurabili sono in genere i precetti di vita del vangelo. Così per un mafioso è più importante evitare di uccidere di venerdì - giorno di lutto - che evitare di uccidere.

Possiamo asserire che esiste una teologia mafiosa?
È quello che ho potuto trarre da dichiarazioni e documenti. Arrivando alla imbarazzante conclusione che è una teologia lontana dal vangelo di Gesù di Nazareth, ma che prende in prestito certi riti della teologia cattolica mediterranea tradizionale.

Il mafioso recita un ‘Padre nostro’ che dice: “Padrino mio e della mia famiglia, tu meriti onore e gloria, il tuo nome va rispettato. Tutti dobbiamo obbedirti. Ciò che ordini lo dobbiamo compiere perché è legge (…). Libera dalla polizia me e tutti i miei amici”. Come dobbiamo interpretare questa preghiera?
È una preghiera composta da un prete di Palermo, don Pino Puglisi, che nel 1993 è stato ucciso per la sua lotta contro i boss del quartiere. Ed anche, a quanto si può intuire, per punire il papa Giovanni Paolo II, che aveva pronunciato alcuni discorsi molto duri in Sicilia di condanna della mafia. È una preghiera che ci illumina sulla relazione del mafioso con Dio.


(Fonte: Blog di Augusto Cavadi)

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